Il saluto di p. Giorgio

Il padre Giorgio Nardone ha da qualche tempo richiesto al padre Provinciale e concordato con il nostro superiore, padre Mario, di essere trasferito nella comunità di Gallarate. Nessuno meglio di lui ci può spiegare le motivazioni di questa richiesta, frutto di un importante discernimento. Pubblichiamo una parte di una sua lettera ai gruppi delle CVX che estendiamo volentieri a tutti gli amici dell’Antonianum.

Potremo salutarlo insieme nella celebrazione Eucaristica di Domenica 4 luglio alle ore 11,30.

 

Padova, 13 giugno 2021

Alle CVX Benvenuto e “famiglie oltre” (mediante Davide e Paola)

Cari voi tutti,

sono il “p. Giorgio”, voglio comunicarvi che nel prossimo mese (non so ancora la data precisa) andrò ad abitare con i gesuiti di Gallarate, non però per la consueta vacanza di agosto, poiché il mio sarà un viaggio senza ritorno. Tempo fa, i miei confratelli di qui si opposero, ora acconsentono, acconsente anche il P. Provinciale con il quale ho parlato. I motivi del trasferimento? O meglio: del mio stesso desiderio di trasferimento? Tra poco compio i miei 90 anni, abito a Padova dal lontano1988. Non ve ne sono altri, proprio no, ve lo garantisco. Ma bisogna intendersi: i 90 anni non sono un puro numero, avverto sempre di più – anno dopo anno – che qualcosa non funziona come prima, per esempio nel camminare ho delle incertezze. Ma questo è soltanto un esempio, il nostro corpo infatti lo sentiamo in tante maniere, e in più di una io lo sento indebolito.

Io abitai in quella nostra casa di Gallarate dapprima come giovane studente di filosofia (anni 1955-1958), poi come docente. Per molti decenni, infatti, quella fu una dimora per giovani studenti gesuiti, ora è una dimora per gesuiti anziani e (anche) per gesuiti infermi, infermi per età si intende. Vedete come cambia il mondo? O, forse, cambiano soltanto alcune piccole cose del nostro mondo? Comunque sia, siate sicuri: là avrò tutto quello che mi serve, libri e giornali compresi. Ma contano molto di più i tanti confratelli conosciuti da giovane e che là rivedrò: spesso sono missionari ritornati da varie parti del mondo, molti dall’Africa (Ciad, Congo, Madagascar). Ci rivedremo, e ci parleremo: è bello!

Ma adesso vorrei parlare di voi e con voi. Le due CVX io le avverto abbastanza diverse. Persone di mezza età l’una, persone più giovani l’altra; genitori con figli già adulti (e spesso in altre contrade), genitori con figli più giovani, forse addirittura piccoli; persone tranquille, da una parte, persone molto animate dell’altra.

Voi tutti ben sapete quanto sto per dirvi: senza alcun ricordo di volti buoni noi non potremmo viver contenti e -forse – neppure aver fede in Dio. Certamente: quei volti sono anzitutto quelli di papà e mamma, della sposa e dello sposo, poi i volti dei fratelli, poi -ancora- i volti di persone che in vario modo hanno influito su noi stessi (io, per esempio, ricordo i volti di alcuni mei docenti e compagni di classe). E poi …e poi… cammina e cammina, a un certo punto ci siete anche voi: compaiono i vostri volti.

Fare dei nomi è cosa delicata, ma – soprattutto – voi mi siete presenti come gruppo: impossibile ricordare un volto senza unirlo a quello di altri, anzi del gruppo tutto. Quel gruppo conosciuto sia da quando ci si vedeva “in presenza” (da poco tempo è nata questa espressione), sia da quando ci si vede via zoom.

Però, però… come non fare il nome di Gioele? Quando ci si incontrava il sabato si giocava assieme: io gli gettavo addosso il mio maglione e lui – tutto felice- lo gettava a terra, una volta, due volte, tre volte, poi si facevano dei gradini, si entrava nelle nostre stanze e si mangiava una caramella. E come dimenticare la bimba che leggeva e leggeva, sempre col libro in mano? E il suo fratellino dolce e pensoso? E i cinque figli di altri, voi due, genitori?

Più recentemente, ho rivisto assieme a voi, via zoom, quel padre e quella madre che hanno accolto (forse oltrepassando il parere dei medici e certamente la consuetudine) la figlia malata prima ancora di poterla vedere e accarezzare, e che ora la portano nelle loro braccia. L’hanno veramente desiderata e veramente accolta: più accolta di così non è possibile.

Ecco ciò che parla ed aiuta.

E così, camminando e camminando assieme, siamo giunti alle parole di Gesù: “prendete, è il mio corpo” , “nelle tue mani o Signore”, “donna ecco il tuo figlio”.

il p. Giorgio

22 Giugno 2021